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Che la periferia del Novecento abbia bisogno di riparazioni e sviluppo non c'è alcun dubbio così come è evidente la sofferenza sociale causata dalla cessazione di adeguate politiche abitative statali, dal degrado della periferia e dalla mancanza di alloggi a basso fìtto per i poveri. Possedere una casa stabile e decente è stato per un secolo un forte desiderio sociale che lo Stato ha spesso esaudito ai meno abbienti secondo le sue diverse politiche e sensibilità sempre improntate a mitigare una discriminazione sociale non accettabile. Dare una casa a tutti, è stato l'obiettivo ideologico perseguito durante il secolo scorso ed è stato anche un importante tema architettonico incentrato sul miglioramento dello spazio domestico e sulla creazione fìsica e psicologica di condizioni civili per lo sviluppo sociale e comunitario, col quale si sono misurati grandi architetti e urbanisti. Dal rione Vittorio Emanuele III alle Vele di Scampia, il percorso delle case popolari a Napoli ha fatto grandi passi quantitativi ma pochi passi nella direzione del miglioramento abitativo e relazionale. Il racconto di ciò che è avvenuto nel Novecento nel campo dei quartieri serve non solo a capire meglio il rapporto architettura/società, con tutti i populismi e la xenofobia di oggi, ma anche a progettare efficacemente riparazioni, trasformazioni e sviluppo necessario, con una nuova attenzione a una partecipazione sociale che appare diffìcile ma indispensabile.